sabato 26 novembre 2011

IL GARIBALDINO


PREMESSA
Questo libro è una doppia sfida.
La prima sta nel narrare il Risorgimento o parte di esso dal punto di vista degli uomini e delle donne appartenenti alle classi meno dotate di strumenti interpretativi della realtà, vale a dire meno coinvolte nell’informazione e nella diffusione delle idee. Se per la Prima Guerra Mondiale, descritta nel mio libro “A chi dimanda di me”, era stato abbastanza agevole trovare documenti personali scritti, per quanto riguarda il Risorgimento è stato molto più difficile. Anche i garibaldini scrivevano a casa per raccontare la loro “epopea”, ma lo facevano quasi esclusivamente quelli appartenenti alle classi più agiate. Come ricostruire, dunque, la narrazione dal punto di vista di un contadino?
Il punto di partenza, il principio, fu una fotografia, quella che si descrive nel prologo. Al centro di quella foto è ritratto Carlo, il protagonista di questo libro, in età senile. Nella tradizione orale egli era chiamato “’l garibaldì”, il garibaldino. L’indagine è partita da quella immagine e da quel soprannome.
Carlo non è un personaggio immaginario.  Nato il 26 luglio 1844, ha realmente vissuto una fase importante del Risorgimento, ma non sono rimasti documenti scritti sulle sue esperienze personali, umane e militari. Le ho immaginate, ricostruite. Ho raccolto testimonianze orali e consultato i documenti degli archivi parrocchiali e comunali. Per completare il quadro ho attinto alle abbondanti pubblicazioni autobiografiche, biografiche e storiografiche sull’argomento. 
Quello che ho cercato di ricostruire è, dunque, uno scorcio di Risorgimento tra il 1859 e il 1866  così come avrebbe potuto narrarlo un contadino lombardo che ha partecipato a quelle vicende.
Lo schema narrativo, in tre tempi, rimanda il lettore dal presente del narratore, il 1927, ultimo anno della sua vita, al passato vissuto nella sua gioventù. Nel racconto egli non si concentra soltanto sulle vicende militari, ma trascina in esso anche tutto il suo mondo e la sua visione della realtà quotidiana. Non si lascia prendere da toni celebrativi, ma rappresenta il suo giovanile entusiasmo e la venerazione perpetua per il Generale che fu definito l’Eroe dei due mondi. Racconta anche la sua disillusione dopo la delusione delle grandi speranze di giustizia sociale.
La seconda sfida è parlare di garibaldini in questo momento storico.  Le vicende del Risorgimento, e per uno strano destino in particolare quelle di Garibaldi, sono coinvolte nella polemica politica.
Non ho mai amato il fanatismo patriottico, non sono tra quelli che si emozionano all’alzabandiera, ma credo che l’Unità d’Italia sia stata un processo storico inevitabile e allo stato dei fatti, irreversibile. Certo la forma organizzativa dello Stato Italiano potrà e dovrà subire adattamenti conseguenti all’evoluzione della società civile.
Oggi dobbiamo esaminare, finalmente senza reticenze, quel secolo e mezzo, dalla Repubblica Cisalpina alla Guerra di Liberazione, che ha visto realizzarsi l’unificazione dell’Italia attraverso vicende drammatiche, passaggi contraddittori l’affermazione e i tradimenti degli ideali,  le tragedie sociali e le  vicende esaltanti, entusiasmi e disillusioni, disperazioni e speranze. 
Spero che il mio libro contribuisca, nel suo piccolo, a stimolare ulteriori letture, poiché nella nostra identità c’è anche tutta questa storia.