lunedì 2 agosto 2021

PREFAZIONE



Una penna che insegue storie nella storia e, alla fine, un filo di malinconia per chi è passato, tra le pagine di un libro o, per davvero, tra le vie di un borgo alla ricerca di un perché.

“Alfa senza filtro” è un libro di radici. Sullo sfondo dei trascorsi eventi bellici mondiali, scorre un’avvincente narrazione delicatamente tinta di giallo che richiama, a larghi tratti, gli scritti di Pavese ne “La luna e i falò” perché “un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”.

E’ il paese di “Vardacco”, con il suo fiume, la sua Grande Fabbrica, il ponte, la chiesa, la pesa pubblica vicino al Mercato Boario… insomma, un luogo fantastico ma allo stesso tempo non molto lontano “da qui” che apparirà molto famigliare soprattutto ai lettori conterranei dell’Autore.

Vardacco è la sua gente, impastata di vizi e virtù, immersa nel vivere di relazioni che sono il dolce e l’amaro, la luce e l’ombra, colorano riti quotidiani, popolano i giorni al sole così come abitano intimi segreti che vagano inevitabilmente di bocca in bocca.

Santino Raspoli è il Virgola, Enrico Rastelli il Màela, Giuseppina Mombelli la Mimì, Toni Barba de ram e poi c’è il Pècia, il Paciuga, il Bigì Sofiet, il Ciapem, il Masnabutù, il Gilberto Stropel, il Tresca, il Lomaga, il Menec Tampéla

I nomignoli segnano l’appartenenza stretta alla comunità, quasi ad indicare che, dopo quello con l’acqua benedetta, il battesimo della gente fissa l’impronta del destino e definisce, inesorabile, il profilo fisiognomico di un’intera esistenza.

Maurizio Abastanotti è bene attento a non rimanere confinato nell’invenzione. Attorno al fatto delittuoso che scuote Vardacco in una notte di fine agosto del 1946, avverte, anche in questo suo lavoro, l’esigenza di riavvolgere il nastro di vicende epocali. E così i suoi personaggi – che sanno abilmente elevare stalle al rango di palcoscenico - hanno vissuto il teatro crudo e vero delle guerre, hanno sperimentato la paura e il coraggio della ribellione, dei giorni passati a fuggire in montagna, hanno assaporato il diritto-dovere di scegliere le sorti di un Paese in una cabina elettorale…

“Alfa senza filtro” è una preziosa fessura da cui spiare un mondo senza selfie senza like.

E’ un’occasione per fermarsi sul ponte, appoggiarsi alla ringhiera di ghisa e, guardando il fiume, sognare di affacciarsi per una volta ancora, alla porta della tabaccheria della Mimì.

Marco Piccoli