domenica 18 dicembre 2011

La recensione al "Garibaldino" su Toscanalibri
 
TOSCANALIBRI
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“L’urgenza della memoria mi ha spronato alla scrittura”. Parla lo scrittore Maurizio Abastanotti  [06/12/2011]
Se la vicenda dei Mille fosse stata una parte della storia “a stelle e strisce” probabilmente saremmo stati inondati da produzioni sugli eroismi dei singoli, sul valore dell’amicizia e degli ideali. Al contrario, l’Italia è un Paese che gioca alla detrazione, si dimentica tutto ed in fretta, salvo poi lasciare il passo, di tanto in tanto, ad un pruriginoso revisionismo. Per fortuna ci sono autori che, in barba alle mode, si impegnano per trovare vicende da narrare, che siano pure testimonianze da regalare a quelle generazioni che solo parzialmente sui libri scolastici (o peggio, in televisione attraverso improbabili fiction) hanno conosciuto fasi salienti del nostro Paese. Maurizio Abastanotti è uno di questi; non pubblica con le grandi case editrici ma il suo lavoro merita un plauso per l’onestà intellettuale e l’intento, ovvero, partire dalla Storia per raccontare gli uomini con le loro passioni. Dopo “A chi dimanda di me”, Abastanotti torna con “Il garibaldino nella foto”, pubblicato di recente da Liberedizioni. Nell’anniversario dei 150 anni dell’Unità d’Italia, il tema cade a proposito.

Il sottotitolo del libro è “Storia di un contadino in camicia rossa”: come nasce l’idea della narrazione?
“Da una foto scattata nel 1911 che ritrae cinque personaggi, quattro giovani e un vecchio. Volevo scoprire chi fosse quell’uomo con le medaglie che aveva l’aria di sentirsi un po’ a disagio con uno schioppo al fianco e una macchina fotografica davanti. Il secondo indizio era il soprannome del personaggio: “l garibaldì “( il garibaldino). I documenti che abbiamo trovato non erano molti. Era scontato, trattandosi di un mezzadro. La memoria popolare, tuttavia, registrava ancora abbondanti tracce orali. A quel punto è maturata la scelta di scrivere un racconto che si snoda tra il vero storico documentato e il verosimile immaginato sulla base di fonti orali, archivistiche e bibliografiche”.
Quanto è stato difficile recuperare i documenti che sono stati poi utilizzati nel volume?
“Non è stato particolarmente difficile, ma certamente laborioso. Li abbiamo rinvenuti sparsi in vari archivi parrocchiali e comunali, come pure in carteggi privati. I documenti degli archivi comunali hanno consentito la ricostruzione di una parte importante del contesto storico locale, mentre in quelli parrocchiali abbiamo potuto ricostruire le vicende personali e familiari”.
Nel primo romanzo si era occupato della Prima Guerra Mondiale, stavolta è toccato ai Garibaldini: perché predilige il romanzo storico?
“Perché la Storia siamo noi, siamo noi che scriviamo le lettere, siamo noi che abbiamo tutto da vincere, tutto da perdere” mi vien da rispondere, citando De Gregori. Come cittadino, come insegnante e genitore ho sempre sentito l’urgenza della memoria, la necessità di dar voce anche ai protagonisti considerati minori, alle storie che i libri di Storia non raccontano o lo fanno, ancora oggi, in modo parziale. L’ignoranza diffusa sulla nostra Storia, anche locale, ha già fatto gravi danni e potrebbe farne anche di peggiori nella costruzione di una identità collettiva e personale nelle nuove, ma anche nelle vecchie generazioni. Scrivere un libro e trovare un editore che lo pubblica, però, non basta. E’ necessario che la gente lo legga. E’ qui che è entrata in azione la squadra: un gruppo di attori, un regista e autore teatrale, l’editore e il sottoscritto, supportato da mia moglie come produttore e agente. Con la presentazione dei volumi abbinata ad uno spettacolo teatrale abbiamo girato la Lombardia orientale mettendo in scena fino ad ora 51 repliche per il primo libro e 32 per il secondo”.
Nell’introduzione lei scrive: “Non ho mai amato il fanatismo patriottico, non sono fra quelli che si emozionano all’alzabandiera”…perché allora pubblicare un libro che si occupa proprio di patriottismo e Unità d’Italia?
“Carlo Tebaldini segue Garibaldi non tanto per l’ideale patriottico, che pure lo anima, ma per la speranza di un mondo migliore. In questa fase ho ritenuto importante cercare le tracce di una partecipazione popolare al Risorgimento che i revisionisti di turno si affannano a negare”.
Il suo protagonista è entusiasta, stravede per il generale Garibaldi, salvo poi restare deluso al termine delle battaglie a causa dei risvolti politici: si potrebbe tracciare una similitudine con la Resistenza antifascista?
“Qualche similitudine è rintracciabile nella disillusione per la mancata discontinuità nelle strutture portanti dello Stato. Non è invece paragonabile l’evoluzione sul piano sociale. Dopo il Risorgimento la grande disparità tra le classi sociali non è diminuita, ma aumentata. La qualità della vita delle classi popolari, dopo le guerre cosiddette d’Indipendenza (Grande Guerra compresa) è andata progressivamente peggiorando fino alla fame, penso anche al fenomeno dell’abbandono dei neonati. Nell’ultimo dopoguerra questo non è accaduto. La disillusione del protagonista del mio libro, tuttavia, è piuttosto una metafora delle delusioni che ha sofferto la mia generazione, le cui aspirazioni sono cresciute nel ’68 e dintorni e si sono frantumate nell’impatto con gli ultimi vent’anni”.

Valerio Cattano

SOTTOTORCHIO
LIBRO E AUTORE PREFERITO

“Q” di Luther Blisset per il libro, come autore indico Nuto Revelli
L’ULTIMO LIBRO LETTO
“Fun Home” di Alison Bechdel
IL LIBRO DA CONSIGLIARE AI LETTORI
“Asce di guerra” firmato da Wu Ming e Vitaliano Ravagli
LEGGERE E’…
Vivere tante vite





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