"A chi dimanda di me - Lettere e diari dei soldati valsabbini e gardesani alla Grande Guerra 1915/18"
Ho letto e riletto
le loro lettere, le loro cartoline, la grafìa affaticata di chi è avvezzo alla
zappa e alla falce, al martello e all’incudine. Li ho incontrati, uno ad uno immaginati, dal
piccolo Velido ad Italo, lo spaccone.
Ogni volta che rileggo le loro parole aumenta in me il rispetto per la
loro umanità, sia quando sospirano la
Pace sia quando esaltano la guerra. I ragazzi di vent’anni o i padri di famiglia
che hanno lasciato la loro vita per una guerra condotta senza capo né coda da
generali impreparati ed esaltati, nel massimo disprezzo delle vite umane, sono
i protagonisti di questa ricerca. La Storia sono loro che, senza
alcuna intenzione letteraria, ci parlano del loro coraggio, delle loro paure,
delle loro speranze o della loro disperazione, raccontano momenti tristi o
divertenti, tragici o esaltanti di una vicenda che altri hanno deformato prima,
durante e dopo.
La Storia
sono loro, perché loro erano in trincea mentre generali e giornalisti famosi si
scambiavano opinioni ed informazioni, favori ed adulazioni nei salotti delle
ville venete o nei bordelli di lusso.
Uno destino ingiusto ma non strano ha fatto sì che i
generali, anche quelli trombati come Cadorna e Graziani, siano stai poi
gratificati negli anni del Ventennio con pensioni d’oro o rinnovati incarichi. Ai
protagonisti del mio libro, invece, è toccata spesso la dispersione dei resti e
una croce di guerra o una medaglia, a
consolazione di chi restava
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